Gino Bartali è stato un campione immenso, sui pedali e nella vita. Il riconoscimento dello Yad Vashem è il giusto premio per una vicenda umana straordinaria, impreziosita dal coraggio del ciclista durante il nazifascismo.
Questa mattina Bartali è stato ricordato a Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale del Piemonte (Sala Viglione, via Alfieri 15). La sala Viglione era gremitissima.
Durante la cerimonia è stata consegnata una targa alla memoria di Gino Bartali per il suo impegno e contributo nell’aver salvato la vita a centinaia di ebrei durante il nazifascismo.
L’evento organizzato dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte, che ho l’onore di presiedere, in collaborazione con la Federazione Ciclistica Italiana, la Comunità ebraica di Torino e l’associazione culturale RectoVerso.
Tra gli interventi, oltre a quello di Andrea Bartali, spiccano quelli di Emanuel Segre Amar, vicepresidente della Comunità ebraica di Torino,Giovanni Andreazzoli, vice presidente del Comitato regionale della Federciclismo, e di Enzo Ghigo,vicepresidente della Lega Italiana del ciclismo professionistico. A moderare i lavori il giornalista Beppe Conti.
Erano presenti anche i campioni del ciclismo italiano Franco Balmamion,Agostino Coletto, Guido Messina, Italo Zilioli, Walter Martin e la giovane promessa del ciclismo piemontese Carlo Franco.
Lo Yad Vashem spiega che Bartali, “nel corso dell’occupazione tedesca in Italia ha fatto parte di una rete di salvataggio i cui leader sono stati il rabbino di Firenze Nathan Cassuto e l’arcivescovo della città cardinale Elia Angelo Dalla Costa”.
“Questa rete ebraico-cristiana, messa in piedi a seguito dell’occupazione tedesca e all’avvio della deportazione degli ebrei, ha salvato – prosegue Yad Vashem – centinaia di ebrei locali ed ebrei rifugiati dai territori prima sotto controllo italiano, principalmente in Francia e Yugoslavia”.
Bartali ha agito “come corriere della rete, nascondendo falsi documenti e carte nella sua bicicletta e trasportandoli attraverso le città, tutto con la scusa che si stava allenando. Pur a conoscenza dei rischi che la sua vita correva per aiutare gli ebrei, Bartali ha trasferito falsi documenti a vari contatti e tra questi il rabbino Cassato”.
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